Non mi stanco mai di ripetere quanto sia felice di conoscere i produttori. Di quanto siano calorosi nel trasmettere i contenuti etici, passionali e familiari su cui crescono, si consolidano e infine deflagrano i sapori dei loro prodotti.
Tutte le volte che li incontro a Milano c’è sempre, oltre al grande entusiasmo, una punta di rammarico nel non poter vedere, e poi mostrarvi, i luoghi in cui lavorano. Le loro aziende, piccole o grandi che siano, di cui vanno orgogliosi come quando si parla di un figlio che regala soddisfazioni.
Questa volta, grazie a Camillo Carmignani, patron di Parma&Co, ho avuto la possibilità di andare in gita dove quei meravigliosi vini e salumi che avevamo già assaggiato nella salumeria di Corso Garibaldi vengono prodotti. Non stupitevi della bella atmosfera che troverete da Parma&Co, tutto fa sembrare di essere in una vera salumeria del Parmense, sorrisi compresi!
Ammetto anche un’altra debolezza: ho una simpatia pazzesca per i prosciutti. Dipenderà forse dalla mia conformazione fisica? 😉
La prima tappa del viaggio ci porta a Fornovo di Taro nel laboratorio artigiano di Anselmo Bocchi, ancora intitolato al defunto fratello Lucedio, che insieme al padre iniziò l’attività una cinquantina d’anni addietro. Il signor Anselmo è una persona di pochissime parole che sembra uscita da un film neorealista. Corpulento, rubizzo con i dei gran baffoni e lo sguardo buono. Ci accompagna tra le varie fasi di lavorazione dei suoi salumi nella casa-laboratorio-negozio nel centro di Fornovo.
La sua è una attività tradizionale che rischiava di perdersi. Ma Anselmo, con altri due aiutanti e la cognata Carla, ha scelto di portare avanti un tipo di lavorazione artigianale delle carni con il solo ausilio di ingredienti naturali: sale marino, spezie, aglio e vino bianco, il minimo di salnitro – obbligatorio per legge – e le muffe naturali che proliferano nella sua cantina. Inoltre, per il particolare clima della zona di Fornovo, i salumi Bocchi non subiscono asciugatura con deumidificazione indotta, ma solo naturale, grazie alla ventilazione.
Dal maiale bianco, il “padano pesante” per la produzione di Prosciutto di Parma, Anselmo ricava strolghini, fiocchetti, spalla, salame, culatello e produzioni di nicchia come i ciccioli, la cicciolata e la testa in cassetta. Dal maiale nero invece lavora culatelli, coppe e salami.
La degustazione dei salumi di Anselmo Bocchi è stata un tripudio di gioia culminato in un brindisi per il compleanno del timidissimo padrone di casa, facendo tintinnare bicchieri di Malvasia Brut dell’Azienda Agricola Palazzo per cui, pur non capendo nulla di vini, ho scoperto di avere un vero debole!
Saltiamo nuovamente sul pulmino per raggiungere la cittadina di Felino, celeberrima per il salame, in cui noi visiteremo un’industria che produce quello che è stato designato il miglior prosciutto cotto d’Italia secondo il Gambero Rosso: il Cotto 60 di Branchi Prosciutti. Già in molti mi hanno chiesto dove si compra a Milano: risposta semplicissima “Solo da Parma&Co!”.
Il Cotto 60 nasce per festeggiare i sessant’anni d’attività della famiglia Branchi che per l’occasione decise di realizzare un prosciutto cotto completamente privo di aromi ma arrichito di sole spezie, infuse direttamente nell’arteria femorale della coscia macellata di tipo PP – per la realizzazione di Prosciutto di Parma -. Oltre al formato “botticello”, quello tondeggiante che ormai siamo abituati a vedere ovunque, il Cotto 60 ha anche un formato “scatola”, con fetta rettangolare, che riprende il modo di distribuire i prosciutti cotti in scatola di una volta, in scatola di latta appunto. Oltre ad essere eccezionale –anzi no, è eccelso- il Cotto 60 è pensato per i gourmet nostalgici dei sapori e delle forme di una volta.
Franco e Giovanni Branchi ci hanno mostrato l’intero processo produttivo e fatto assaggiare tutto. Oltre al Cotto 60 anche i prosciutti cotti Speciali, soprattutto quello Legato a mano, sono stati una splendida sorpresa.
Ci è stato poi annunciato che alla Società agricola Valserena di Gainago di Torrile ci attendeva il pranzo (!) preparato per noi dalle donne di casa. Immaginate una giornata splendida, nella casa padronale di una tenuta agricola restaurata e arredata con gusto e sensibilità. Dei piatti preparati con amore dalla famiglia Serra riunita intorno a noi visitatori. Siamo stati viziati in ogni modo, con tortelli alle erbette, gelato con amarene, cotognata, torta tenerina, tutto rigorosamente fatto nella spettacolare cucina ornata di stampi in rame.
Perfino il parco con un vecchio cancello in ferro e Menta, il cane di casa che ha giocato molto allegramente con noi, sembravano usciti dalle pagine di un libro. Sarà che gli emiliani sono persone aperte e sorridenti, di una gentilezza squisita, ma io ci ho lasciato il cuore!
Oltre ad aver assaggiato il Parmigiano Reggiano realizzato con il latte di sola razza Bruna – una mucca bella a placida, il cui latte porta in dote la variante B della k caseina che implica una miglior qualità del formaggio –, abbiamo assaggiato la culatta – un culatello non insaccato, rivestito da un lato di cotenna e dall’altro di sugna- e il Prosciutto di Parma del Salumificio Vescovi e la coppa del Salumificio Ferrari Cavalier Bruno, il tutto innaffiato da bicchieri di Marialuigia e Lambrusco Tenuta Ducale dell’Azienda Agricola Palazzo.
Assolutamente imperdibile la visita al caseificio vero e proprio per osservare da vicino come si fa il Parmigiano Reggiano, fare un salutino alle Brune –bellissime- e congratularsi con i casari indiani per il modo impeccabile in cui lo stabilimento e il processo produttivo sono gestiti.
Prima di tornare a Milano trappa d’obbligo per acquistare un bel pezzo di Parmigiano Reggiano 36 mesi di sola razza Bruna che attualmente troneggia nel mio frigo. Anzi, ho un certo languorino. Ne gradite un pezzetto?
[…] vi ho già accennato altrove la Società agricola Valserena di Gainago di Torrile (Pr) usa solo il latte di razza Bruna Alpina […]