Nello stereotipo nazional-popolare l’Emilia Romagna è sinonimo di socievolezza e mangiar bene ma ho trovato un motivo ulteriore per amare questa regione. La grandissima dignità che i suoi abitanti hanno dimostrato nell’affrontare la il sisma del 2012. Rimangono impresse nella mia memoria le parole della mail in cui si mettevano in vendita le forme di Parmigiano Reggiano “chiediamo a tutti non una mano, ma l’opportunità di rialzarci con il nostro lavoro”. Concetto prezioso.
Benevenuti alla giornata Per tutti i gusti dedicata all’Emilia Romagna nelle cucine del ristorante Il canneto dello Sheraton Malpensa. detta anche, confidenzialmente, “Giornata delle cuoche rosa” con –finalmente- ben tre chef donna su cinque! Ma andiamo con ordine e… Cominciamo da un uomo!
Luca Marchini de L’erba del Re di Modena e le sue collaboratrici ci hanno preparato uno strepitoso piatto di tagliatelle e un filetto rosolato magistralmente.
Postulato: le tagliatelle fatte a mano sono meravigliose. Punto. E sono tra i miei piatti preferiti. Vi supplico, non mi dite che “sanno troppo di uova”. Un trucco per farle venire belle ruvide? Stendere la pasta su un asse con il mattarello, tutto di legno.
Ma passiamo al ragù alla modenese -a base di coppa, pancetta stagionata e salsiccia di maiale, guancia e coda di vitellone di razza bianca modenese- da che ha adornato questa magnifica pasta fresca è stato cotto a bassa temperatura per 42 ore.Il segreto per far saltare le tagliatelle è aggiungere brodo vegetale a filo, una spolverata di Parmigiano e in ultima battuta il ragù. Mai assaggiato delle tagliatelle così squisite!
I segreti del filetto di razza bianca modenese, sono la frollato di ben 28 giorni e la rosolatura fino a far raggiungere al cuore una temperatura di 40°, successivamente caramellizzare con miele, asciugare, avvolgere nella stagnola e infornare a 180° per 2 minuti. In questo modo il calore penetrerà in modo non aggressivo nella carne.
La palta di Borgonovo Val Tidone (Pc) un ristorante da tre generazioni in mano alle donne della famiglia di Isa Mazzocchi. Isa, una piacentina orgogliosa di esserlo e ci regala due piatti della tradizione, con varianti creative. I pisarei e fasö in cui i fagioli dell’occhio si trasformano in uno sformatino, i pisarei vengono conditi con olio e zenzero grattuggiato e il Parmigiano Reggiano si è trasformato in palline fritte. Da svenire!
E che dire dello spuntino alla piacentina, il batarö con salame, coppa e pancetta, i tre salumi dop del piacentino. Il batarö è un pane battuto cotto tradizionalmente sulla superficie della stufa economica, non diverso nell’aspetto e nella consistenza dal naan indiano o dalla pita greca. Insomma lo street food alla piacentina non ha nulla da invidiare a quello del resto del mondo. Se poi oltre ai salumi ci trovate una maionese alla malvasia e una al gutturnio, le cipolle caramellate, la giardiniera fatta in casa che dite? Facciamo un salto nel piacentino?
La storia di Giovanna Guidetti e del ristorante La Fefa di Finale Emilia (Mo) è starordinaria. Una donna dalla vita piena di scossoni, di cui l’ultimo purtroppo ha praticamente raso al suolo il suo paese. Ma Giovanna è una persona straordinaria e ha saputo sempre risollevarsi.
Con voce pacata ci racconta di come la tradizione ebraica abbia permeato la cucina di Finale Emilia dall’anno 1541 quando la comunità ebraica si insediò nel paese. A una testimonianza di questo connubio assaggiamo la deliziosa Torta degli ebrei o Sfogliata che tradizionalmente si gusta con la mortadella e l’anicione, liquore tipico di Finale Emilia.
Purtroppo per questioni di tempo il secondo piatto, sformato di Parmigiano Reggiano con prosciutto di Modena croccante, passato di piselli e cialda di Parmigiano Reggiano, ci è solo stato solo presentato ma per la ricetta vi rimando al libro di Giovanna A tavola con duchi e duchesse illustrato dal grandissimo Emanuele Luzzati.
Aurora Mazzucchelli del Marconi di Sasso Marconi (Bo) ci ha dimostrato che il barbecue non serve solo per la carne e le verdure. Grazie a un bolide de I Signori del Barbecue ci sono stati cucinati – Udite! Udite!- un raviolo grigliato al parmigiano e lavanda e una graziosa madeleine. Sì, tutto cotto sul barbecue! Oltre che una bella fetta di mortadella Favola – di nome e di fatto!- del Salumificio Palmieri servita con una goccia di condimento all’aceto balsamico de Il borgo del balsamico.
Purtroppo, per raggiunti limiti di resistenza fisica mi sono persa i piatti a base di maiale grigio del Casentino dell’ultimo chef che si è cimentato nello showcooking. Paolo Teverini dell’Hotel Tosco Romagnolo, stellato Michelin dal 1983. Ma mi sono rifatta con l’entrée della cena, la carbonara di calamari cotta nella panna. Uno dei piatti più straordinari mai assaggiati, in tutta la sua geniale semplicità, accompagnato in modo egregio dall’Ageno, malvasia aromatica eccezionale dell’azienda vinicola La stoppa di Elena Pantaleoni.
Lo so che è un post lunghissimo ma fatemi ancora dire due cose. Alzi la mano chi conosce la Torta Barozzi! Un tripudio di cioccolato, mandorle e caffè in diretta da Vignola. Io la inseguo da anni e cerco uno spacciatore dolciario nell’area di Milano. Chi ne ha notizie si faccia vivo 😉
Invece il culatello lo conoscete tutti, giusto? Quel salume fatto solo con la parte alta della coscia del maiale, da cui il nome. Stagionato in mezzo alla nebbia e all’umidità, perché quelle sono le condizioni climatiche adatte. Assaggiate quello di Luciano Spigaroli dell’Antica Corte Pallavicina di Polesine Parmense. Poi mi racconterete ch effetto vi ha fatto. I miei commenti? Strepitoso. Commovente. Meraviglioso. E per la prima volta ho assaggiato anche lo strolghino di culatello, fatto solo con i ritagli della coscia di maiale. Ed è stato vero amore!
[…] anche il “culatello giusto”? Io ho avuto l’opportunità di essere seduta una sera a cena accanto a Luciano Spigaroli dell’Antica Corte Pallavicina, il signore del culatello. E da lì […]