Una succinta cronaca della mia giornata al museo, anche se voi sapete che potrei scriverci un post della lunghezza di Guerra e pace.
Un ringraziamento sincero a Michelangelo Citino, Daniele Scanziani e Dario Croci, i tre chef del Triennale Restaurant&Cafè che ci hanno seguito con una pazienza infinita.
Dopo la lezione di Daniele Scanziani sulla maionese affermo che sono in grado di prepararla a mano. “E che ci vuole?” direte voi. Una pazienza infinita e tanta voglia di agitare una frusta per mezz’ora.
Prima di tutto abbiamo affettato mezzo cetriolo e due filetti d’acciuga con taglio brunoise (dadini di circa 2 mm). Poi abbiano aggiunto una goccia d’aceto a due tuorli e li abbiamo lavorati con la frusta unendo a filo dell’olio di semi, stando attenti a non aggiungere troppo olio in prima battuta e a non far impazzire la maionese, fino a che la salsa non è addensata. Se dovesse diventare troppo dura potete aggiungere pochissima acqua tiepida.
Dopo una mezz’ora di paziente lavoro di frusta –in realtà lo chef ci ha messo parecchio meno- abbiamo aggiunto un po’ di succo di limone per sgrassare e la brunoise. Un altro consiglio che ci hanno dato è stato quello di aggiungere un po’ di albume montato a neve se volessimo ottenere una maionese più leggera. In tal caso però ricordate che va consumata in giornata perché l’albume smonta rapidamente.
Dell’impiego del prosciutto crudo in cucinaci ha parlato durante il suo showcooking Michelangelo Citino dandomi l’occasione di conoscere un il prodotto straordinario: il prosciutto crudo artigianale Ruliano, “perché i prosciutti non sono tutti uguali” esattamente come lo champagne. Un prodotto eccezionale, tutto italiano. Se vi capita di vedere il marchio Ruliano in esposizione dal vostro salumiere vi prego di provarlo e poi di dirci la vostra impressione. E io mi raccomando: non scartate il grasso del prosciutto crudo, è ricco di acidi grassi polinsaturi, identici a quelli dei grassi vegetali come l’olio evo, un regolatore naturale della sintesi del colesterolo e dei trigliceridi. Insomma è grasso che fa bene!
Ho apprezzato la torta fritta, versione cremonese-piacentina del gnocco fritto, con prosciutto Ruliano e chutney di frutta speziata ma anche la camposizione di semplicissime verdure crude sormonate da prosciutto crudo, appoggiato per un secondo in acqua calda. E già mi sono venute in mente un paio di varianti da proporvi nell’immediato futuro.
In questo post non posso raccontarvi proprio tutto ma sappiate che ho potuto godere della visione di Bruno Pizzul, di cui sono un fan fin da bambina, che parlava della sua terra, il Friuli Venezia Giulia, e delle sue eccellenze enogastronomiche. Ma questa è un’altra storia e ve la racconterò mangiando il frico.
Dario Croci he sondato con noi tutti i misteri a proposito della cottura delle uova. L’uovo poché o più semplicemente in camicia è il frutto della cottura in acqua e aceto di un uovo appoggiato delicatamente nell’acqua mentre la si fa mulinare con un cucchiaio. Il movimento rotatorio serve a fare in modo che l’albume si chiuda per bene su sé stesso formando una camicia ben compatta.
Invece per omelette e frittata non posso far altro che dirvi che il segreto sta nella temperatura della padella, percepita grazie allo chef che ci ha fatto avvicinare la mano. Per il giro al volo o per imparare ada arrotolare e far gonfiare per bene l’omelette non potete far altro che allenarvi un po’.
Entusiasta della ricetta di Mousse di grano cotto, salsa all’arancia e colatura di capperi proposta dallo chef Daniele Scanziani. Un dessert molto particolare, una sorta di pastiera scomposta in cui una una salsa a base di succo di arance dolci e agar agar e una crema di grano cotto nel latte con ricotta di capra o pecora, vengono accompagnati da una cialda croccante a base di burro e farina di mandorle e da una colatura di acqua, zucchero e capperi dissalati. Vi assicuro che è veramente stato un trionfo di equilibrio dei contrasti.
E infine s’è fatta sera e con il calar della luce siamo arrivati alla masterclass Zafferano e riso del cuoco (non chiamatelo chef) Davide Oldani. Una rivisitazione del classico risotto alla milanese sulla base della “cucina del levare”. Non si devono sentire i sapori da lui definiti “volgari” il burro, la cipolla o il formaggio, ma quello elegante dello zafferano a proposito del quale spiega “è un fiore, una cosa magica: un fiore viola, con pistilli rossi che quando cuoce diventa giallo, pensate che meravigliosa alchimia “.
La salsa allo zafferano per profumare il riso si realizza mettendo poca acqua sul fuoco in un pentolino, in cui stemperare la maizena. Si aggiunga sale e zucchero, portare a sessanta gradi e togliere dal fuoco. Poi lasciare in infusione venti minuti i pistilli dello zafferano. In questo modo si accentua esponenzialmente il suo profumo. La salsa verrà messa in un contenitore con ugello e dispoata a forma di spirale sul piatto finito. In questo modo sarà possibile prendere il condimento da qualsiasi lato del piatto.
Procede poi tostando un riso Carnaroli stagionato Questa operazione fa in modo che il riso sprigioni tutta la sua fragranza. Per capire la giusta tostatura si deve toccare il riso con le mani, quando il chicco è caldo è pronto.
Il riso viene cotto in acqua salata bollente, aggiunta poco per volta come se si trattasse di brodo. Il riso deve essere sempre ricoperto con un filo d’acqua e girato continuamente fino a quando non sarà cotto. Mantecare con poco burro e poco grana (quello che Oldani predilige è un grana stagionato 27 mesi, dal gusto delicato che non sovrasata gli altri sapori. Niente vino, la cui acidità verrà sostituita da una goccia d’aceto al termine della preparazione. Poi un pizzico di sale e un pizzico di zucchero.
Oldani ha steso il riso bianco sul piatto con movimenti circolari in modo che si disponesse come un velo su tutta la superficie per regolarne la temperatura, facendo in modo che arrivi al cliente immediatamente gustabile alla temperatura corretta. Se invece l’avesse ammucchiato avremmo come prima cosa steso il riso per non scottarci il palato. Procede poi a decorare il piatto con la salsa allo zafferano disposta a spirale.
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