Cosa vi viene in mente quando pensate alla Liguria? Io penso al mare, all’atmosfera romantica e a quel ristorantino in cui mangiare pesce fresco, così buono che sembra essere stato pescato appositamente per te. Ma anche alla focaccia (memorabile quella che mangiai qualche anno fa a Genova in una panetteria minuscola non troppo lontano dal porto. Mi vengono ancora i lucciconi al pensiero!) e, nemmeno a dirlo, al pesto (anche ieri sera abbiamo assaggiato quello meraviglioso di Roberto Panizza, il re del pesto (ne avevamo già parlato qui), che condiva degli ottimi tortelli di patate preparati da Ivano Ricchebono di The Cook di Genova. ). Tutti prodotti liguri. Tutti buonissimi. A volte, però, ci dimentichiamo che c’è di più. Compresi quei prodotti che sono poco valorizzati in Italia, e che invece meriterebbero di tornare in auge, perché nel dimenticatoio ci sono finiti un po’ ingiustamente. Alle cena Per Tutti i Gusti Liguria, organizzata al ristorante Il Canneto dell’hotel Sheraton Milano Malpensa, ho avuto il piacere di conoscere, attraverso il loro piatti, quattro chef che hanno saputo darmi una visione diversa della Liguria inizi anni Ottanta fatta di cappelli a tesa larga e di passeggiate a Portofino.
I carciofi
Mi ero dimenticata che, in effetti, sono molto coltivati in liguria. Come ho potuto scordarmi del carciofo spinoso di Albenga? A rinfrescarmi la memoria ci ha pensato Flavio Costa, chef del ristorante Arco Antico di Savona. La sua Crema di carciofi di Albenga, seppie al nero e scorzette candite di limoni era a dir poco perfetta. E ben rappresentava la Liguria, con l’ingrediente base associato al pesce fresco e al limone, anch’esso prodotto in riviera, grazie al clima mite e dunque favorevole a questo tipo di coltura.
Il sugarello
Un pesce azzurro che non conoscevo e che ho trovato delizioso per la sua carne soda, nonostante sia di piccole dimensioni. Viene pescato proprio nelle acque della Liguria, anche se è molto più facile trovarlo in mari ancora più caldi.
Le castagne di Calizzano
Altra sorpresa. E chi l’avrebbe mai detto che in Liguria c’era posto anche per la coltivazione dei castagni? In particolare a Calizzano, vicino a Savona, c’è una tradizione di coltivazione che risale al 1600, che oggi, purtroppo, si è un po’ persa. Dalle castagne, una volta, si ricavavano moltissime cose. Venivano messe nel latte al posto del pane e nella minestra al posto della pasta, i rami diventavano combustibile negli inverni freddi, le foglie secche diventavano un giaciglio per le mucche, e dal legno dei castagni selvatici si ricavava il carbone vegetale, dal quale si ricavava una medicina digestiva. La cura dei boschi di castagno, all’epoca, coinvolgeva interi paesi. Per fortuna oggi si sta facendo qualcosina per la conservazione di questa tradizione. Lo chef Giuseppe Ricchebuono della Fornace di Barbablù al Palazzo Vescovile di Noli ha unito in un unico piatto i due ingredienti. E ha inventato per noi Sugarelli e castagne di Calizzano.
Il chinotto
Il chinotto ligure è un presidio Slow Food. È coltivato nella riviera ligure di Ponente, nel tratto che va da Varazze a Finale. Questo frutto, nella sua variante ligure (in realtà è di origine cinese), è molto succoso ma resta comunque molto molto amaro quindi, attenzione, può essere consumato solo sotto sciroppo o candito! Candito, però è meraviglioso. Lo chef Claudio Tiranini di A Spurcacciuna, Savona, ci ha preparato un dolce da gustare in tre parti, in cui il chinotto la fatta davvero da padrona: Mousse al limone, timo e chinotto, babà con crema al chinotto e semifreddo al chinotto al pepe nero. Anche a lui i nostri complimenti.
*postilla: non ho potuto assaggiare i vini, me ne scuso ma il mio fisico si è ribellato a qualche sostanza che contengono e mi tocca stare… a secco!
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